Abbiamo contattato Marco Santinoli, blogger appassionato di marketing per la grande distribuzione organizzata e consulente aziendale di lunga esperienza, per commentare alcuni trends di settore della distribuzione di prodotti alimentari
Leggi questa statistica: nei centri commerciali italiani la distribuzione del vino è in calo del 10,7%, perché?
L’export di vino italiano, secondo i risultati presentati dall’Osservatorio Federvini nel suo rapporto del 2022, sta continuando a crescere, ma non ovunque. Ad allarmare però gli esperti del settore è stato il dato della grande distribuzione, che dopo aver registrato picchi altissimi durante i vari lockdown e la pandemia, ha visto un calo importante del 10,7%. Perché? Iniziamo con il dire che il vino gode ancora di ottima reputazione tra gli italiani: ben il 92% lo considera un’eccellenza agroalimentare, mentre l’82% sa che fa parte della dieta mediterranea e ritiene un consumo moderato non rischioso per la salute. Il vino quindi è ancora importante per gli italiani, ma le vendite sono in diminuzione nella grande distribuzione. Infatti, malgrado il vino non sia sceso di popolarità tra gli italiani, le previsioni di consumo non sono ottimali per i prossimi dodici mesi.
In generale, se il 73% dei consumatori non cambierà le proprie abitudini, la differenza tra chi prevede di aumentare o di ridurre i consumi sarà del 19% e a favore di chi prevede, soprattutto fuori casa, di diminuire il consumo di vino. Le previsioni, stando a quanto commentato da Marco Santinoli nel suo blog, sono legate principalmente ai gruppi di potere di spesa più bassi e al fatto che sempre meno persone andranno al bar o al ristorante. Il vino infatti, in totale stile mediterraneo, viene consumato soprattutto durante i pasti, in occasione delle feste ed eventi speciali e, anche se sempre più raramente, come aperitivo. Da segnalare anche che, il vino convenzionale, sta subendo una concorrenza da parte di quello misto, molto amato dai giovani, tra cui troviamo lo Spritz, altri cocktail a base di vino e il cosiddetto “ready-to-drink” in bottiglia. Ultima causa, ma non per questo meno importante, è la crescita degli acquisti online, che pur essendo ancora marginali, sono stati provati almeno una volta dal 29% dei consumatori.
Quale futuro per il vino italiano e gli altri prodotti alimentari made in Italy?
Guardando al futuro, anche se per ora i dati non sono incoraggianti, a medio termine e alle tendenze dei prossimi due-tre anni, il 22% degli italiani, complice anche una crescita della sensibilità nei confronti dell’ambiente e dei piccoli produttori, sceglierà e acquisterà vino proveniente da vigneti autoctoni.
Il 38% si rivolgerà invece verso i “vini verdi”, prodotti nel rispetto della natura e delle persone che lavorano all’interno dei vigneti, il 20% punterà soprattutto sui vini biologici e certificati e, infine, il 18% ha affermato che intende fare scelte più ecosostenibili anche nei confronti del vino che serve a tavola.
Anche la scelta dei formati e del packaging vedrà una rivoluzione e, se la grande distribuzione vorrà invertire questa tendenza negativa, dovrà puntare su imballaggi sostenibili e che si possano riciclare (preferiti dal 36% degli intervistati) oppure trovare delle soluzioni per proporre il vino sfuso (indicato come preferito dal 21% degli intervistati) nel loro assortimento.
Continua a leggere nel blog di Marco Santinoli: al supermercato sono sempre più introvabili i beni di prima necessità, perché?
Sempre più negozi di alimentari in Italia, ma non solo (lo stesso problema si sta verificando a livello mondiale), stanno mostrando questa estate scaffali vuoti che un tempo contenevano prodotti come pane, pasta, riso e carne. Colpa della guerra in corso in Ucraina, che sta mettendo a dura prova la catena di approvvigionamento, della mancanza di lavoratori e, anche (pur se in misura minore adesso), del Covid-19. Sebbene la scelta più scarsa possa ricordare la primavera del 2020, quando la carta igienica e i prodotti per la pulizia erano difficili da trovare, questa volta ci sono ulteriori problemi in gioco.
A quasi due anni dall’inizio della pandemia, inoltre, gli ostacoli nella catena di approvvigionamento continuano, ma le assenze dei lavoratori a causa dell’ampia portata e contagiosità della variante Omicron hanno svolto un ruolo significativo nella carenza di merci nei negozi. Nelle ultime settimane il settore ha però iniziato a mostrare i primi segni di ripresa. L’assenteismo provocato dal contagio da Omicron è di gran lunga il più grande fattore alla base di questo. Se infatti la grande distribuzione non ha persone per realizzare i prodotti, per spedire i prodotti, per consegnare e per immagazzinare i prodotti, è chiaro che ci troveremo sempre più spesso ad assistere a fenomeni come quello degli scaffali vuoti nei negozi.
Facciamo un altro esempio, con l’aiuto della stampa estera: la carta igienica era carente durante il covid ed è invece abbondante durante la guerra. I supermercati, in questo momento storico – così come altri punti di vendita di generi alimentari – stanno assistendo a carenze di prodotti alimentari poiché i fornitori stanno affrontando vere e proprie sfide, sia a causa del Covid, sia a causa della guerra in Ucraina. La variante Omicron, in tandem con i recenti blocchi alimentari provocati dalla Russia, ha esacerbato queste lacune e l’impatto si sta facendo sentire in tutto il settore alimentare. Questi problemi di rifornimento, neanche a dirlo, hanno fatto anche aumentare il prezzo di molti beni di prima necessità, come la pasta, che in alcuni negozi è cresciuta anche di sessanta-settanta centesimi. Quanto dureranno però queste carenze? Alcuni pensano che, conflitto in Ucraina permettendo, questa situazione dovrebbe risolversi tra la fine dell’estate e l’inizio dell’autunno, anche se è ancora troppo presto per dirlo con sicurezza.